Fabio Natta
Il silenzio di Gibellina
Nel gennaio del 1968 un forte terremoto colpì la Valle del Belice, distruggendo anche la città di Gibellina, nell’entroterra trapanese.
Il Cretto di Burri, una sorta di sudario di cemento bianco, ripercorre e racconta le storie della città vecchia, ricostruendone la pianta originaria.
Attraversare queste che un tempo erano le vie del paese, nel silenzio e nella solitudine più assoluti, avvolto solamente dal caldo torrido dell'estate siciliana è stato emozionante ed inquietante.
Colori d'Irlanda
All’arrivo due cose mi colpiscono immediatamente: i colori e la pioggia.
Diversamente da quello che verrebbe facile pensare, I colori di cui parlo non sono quelli delle verdeggianti colline d’Irlanda, ma sono i colori che dipingono la grande città così come il piccolo borgo affacciato sul mare. Colori presenti ovunque, quasi con prepotenza, sui muri, sui tabelloni pubblicitari, sui portoni.
Tutto è colorato.
Ho pensato quindi che questo fosse un modo, non so se per scelta o se per necessità inconscia del popolo irlandese, per contrastare ciò che le giornate piovose rendono grigio ed uniforme e che nei rari momenti in cui il sole fa la sua apparizione, restituissero gioia e allegria, almeno per gli occhi.
Mi sono ritrovato così a fissare sulla “pellicola” stralci di vita quotidiana, ambientata in quel palcoscenico urbano che mescola, nell’assoluta noncuranza del passante, tinte forti con angoli bui e anonimi, rendendo così l’elemento umano una figura quasi marginale, sicuramente non determinante nel peso della scena che si presentava di volta in volta davanti ai miei occhi.
Così come i colori, allo stesso modo e con la stessa leggerezza sono intrecciate tra loro le architetture che danno forma alle città. Non è difficile scorgere con lo sguardo la vecchia torre dell’orologio, fatta di mattoni di altri tempi ma che ancora oggi raccontano, affiancata all’edificio di vetro e acciaio, tanto preciso e rigoroso nelle sue geometrie, quanto freddo e inespressivo nel suo essere.
E poi c’è Belfast, dove a colori ed architetture si uniscono i segni di una storia recente, di pochi decenni addietro, che con le sue forti espressioni di street art, messe lì per denunciare e per ricordare, con il muro che divide e con le sue porte d’accesso, che cercavano invece di unire ciò che era diviso, ci ricordano che purtroppo, per tanto tempo, il colore dominante era il rosso, quello del sangue che per anni è stato versato su quelle strade, i cui confini erano disegnati dal susseguirsi di decine e decine di case di altrettanti operai.
Agosto 2021